venerdì 4 giugno 2010
mattone italiano
Di La nostra vita di Daniele Luchetti (Italia 2010) si lascia ricordare solo la grande prova di Elio Germano - un personaggio che vive dei soldi e per i soldi, che vive i sentimenti dopo la morte della moglie per loro tramite - e l'intenzione di raccontare lo squallido mondo dei palazzinari (con qualche spruzzata di sfruttamento dell'immigrazione, morti bianche e illegalità italiana diffusa). Onesta la regia, sceneggiatura invece risibile: al di là del personaggio di Germano, tutti gli altri sono pure macchiette. Non ci viene risparmiato nulla, dalla rumena a caccia di marito, perso proprio nel cantiere dove lavorava il protagonista, che poi si fa carico dell'orfano; sorella e fratello del protagonisti immacolati e senza difetti, quasi santi; la moglie che (prevedibilmente) muore di parto lasciando (pateticamente) vivo il piccolo Vasco (offerto come ostaggio a Zingaretti per i soldi avuti in prestito); la 'seduta spiritica' finale con i figli, con il ritorno della compagna di Zingaretti e del biglietto per la Sardegna prenotato dalla moglie (ma se non sbaglio, la coppia stava solo progettando il viaggio per l'anno venturo di ritorno da Ostia, proprio quando lei ha le doglie e prima del decesso: mah...).
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