Indimenticabile gita a Tuscolo nei Castelli romani per la tournée dell'Inda: a posteriori si può definire un crescendo, concluso con un finale folgorante. Una menzione speciale merita la location: il piccolo teatro sito nel parco archeologico ha certo aggiunto qualche suggestione alle due rappresentazioni, in particolare i grilli e l'assenza di quinte. Anzi, ben sfruttata è stata la loro assenza e la conseguente possibilità di osservare i movimenti nel buio degli attori prima del loro ingresso in scena, o gli arrivi a passo di marcia di Teseo e della sua scorta.
L'Edipo a Colono è uno spettacolo onesto, dalla scenografia spoglia (a differenza di Siracusa, senza la piramide di Fuksas) e ben interpretato, più che da Albertazzi (una prova del tutto normale, niente di entusiasmante), dai giovani dell'Inda - Roberta Caronia (Antigone), Carmelinda Gentile (Ismene), Massimo Nicolini (Teseo), Giacinto Palmarini (Polinice) - e da un intenso Maurizio Donadoni (Creonte). Da ricordare in particolare la scena intensa e carica di pathos della cattura di Antigone.
Ma veniamo alle note stonate: la prima e più grande riguarda le parti corali. Incomprensibile è la scelta di farli recitare da coreuti come se fossero in preda ad una crisi epilettica, mentre sullo sfondo quattro attrici nel ruolo delle Eumenidi (???) si muovono ritmicamente come ad evocare delle forze ctonie o ultraterrene: Sofocle non ha davvero bisogno di questo. Da classicista poi non condivido la scelta di variare il misterioso finale sofocleo, dal momento che in questa rappresentazione Teseo non accompagna Edipo nella sua ‘scomparsa’, che diviene morte a tutti gli effetti. Nel complesso, uno spettacolo piacevole, ma non entusiasmante.
La Medea (regia di Krzysztof Zanussi), invece, entra di diritto nell’olimpo degli spettacoli indimenticabili, insieme, ad esempio, alla Fedra di Ritsos (sempre con la Pozzi) e all’Anna Karenina di Nekrosius. Su una scena completamente spoglia e priva di fronzoli emergono le prove dei singoli attori, in particolare Francesco Biscione (Creonte) e Giacinto Palmarini (messaggero: eccellente). A differenza dello spettacolo della sera prima, i cori sono qui davvero coinvolgenti e ben messi in scena (anche grazie alle musiche elettroniche di Daniele D'Angelo) e contribuiscono ad aumentare la compartecipazione del pubblico (completamente rapito).
Su tutti comunque spiaccano la prova di Donadoni-Giasone e Pozzi-Medea, specialmente nei loro duelli: nel primo il pubblico si divide davvero, parteggia ora per l’uno ora per l’altra con applausi e commenti di approvazione e disapprovazione (e tu dici che lui era quasi riuscito a convincerti della bontà del suo agire...); nel secondo una sorprendente e azzeccata innovazione è il momento di improvvisa intimità della coppia apparentemente riappacificata.
Quanto poi alla prova della Pozzi, d’ora innanzi faticherò a pensare Medea con un volto diverso dal suo: superba nei cambi di registro vocale e espressivo, riece a rendere viva la duplice natura del personaggio, una donna spezzata: indescrivibili a parole i suoi primi tre monologhi di fronte alle donne di Corinto, in particolare nel terzo, quando si risolve all’assassinio dei figli e immagina di compiere l’azione colpendo ripetutamente il proprio petto con un immaginario pugnale stando in ginocchio al limite della ribalta. E ancora meravigliosa nel repentino volere e disvolere l’omicidio dei figli. Indimenticabile! A quando il dvd dello spettacolo?
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