Piccole soddisfazioni da cinefili: (ri)vedere The conversation (La conversazione, Usa 1974, 113') di Francis Ford Coppola e scoprire una fonte di ispirazione per Shining (l'incubo del protagonista che si trova di fronte alla camera 773, la apre e scopre l'omicidio; il sangue che sgorga copioso dal water).
Un piacere anche la (riscoperta) colonna sonora, tutta rumori (esperimenti sonori) e jazz (con un gran tema di Duke Ellington) e la migliore comprensione del ritmo narrativo, per tre quarti lento e di tensioni soffocate che espodono nella mezz'ora (e nel colpo di scena) finale. E impagabile è l'inquadratura 'meccanica' che ospita i titoli di coda, che si muove da destra a sinistra e ritorno come una videocamera di sorveglianza, per sottolineare che la paranoia di Henry Caul (Gene Hackman) non passerà neppure dopo aver demolito la propria abitazione. In effetti, egli da dominatore della tecnologia quale era all'inizio finisce prorgessivamente per esserne dominato e perseguitato: i primi germi della caduta (soprattutto psicologica) sono già nelle prime scene, al suo ritorno a casa dopo l'intercettazione iniziale, quando scopre che non è il solo a possedere le (tre) chiavi della propria abitazione; le sue certezze subiscono un ulteriore scacco con la biro-microfono messagli nel taschino dal rivale alla fiera e si accrescono con la sua allucinazione-ricordo costante dell'audio incriminato. E la sua paranoia, che ha la sua vera esplosione con la distruzione della statuetta della Madonna (la perdita della fede di un personaggio religiossissimo, quasi bigotto che si infuria alle bestemmie altrui), è forse confermata dalla fotografia cupa (o è colpa della copia?).
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