sabato 6 febbraio 2010

come fosse un film muto

Esperienza strana, ma avvincente il film-concerto Aphaville Suite: il film di Godard (Alphaville, une étrange avventure de Lemmy Caution, Francia 1965) proiettato muto e sottotitolato mentre una band jazz suona la composizione di William Parker, come se si trattasse di un accompagnamento ad un fil muto (penso per atmosfere jazz a The crowd visto quest'estate). Questa la composizione della band: Lewis Barnes, tromba; Rob Brown, sax alto; William Parker, contrabbasso; Hamid Drake, batteria; Emanuele Parrini, violino; Paolo Botti, viola; Stefano Amato, violoncello; Francesco Guerri, violoncello; Cristina Zavalloni, voce. L'atmosfera ricreata è stupenda, alcuni eccellenti momenti di jazz (oltre al contrabbasso e alla batteria meravigliosi, un assolo della Zavallone - che duende! - e uno di violino sul finale), ma su tutto è il film che ne guadagna di più. Lo vidi anni fa in tv e mi piacque il giusto, ma giovedì sera l'ho molto rivalutato: la riflessione sul linguaggio nel mondo di Alphaville (ma siamo a Parigi) è notevole (il Ministero della Semantica, i dizionari cambiati di frequente, dove si eliminano parole 'obsolete', "nuove parole, nuovi pensieri"). E poi la ricerca cromatica - il bianco e nero rivoltato in negativo, gli inserti cromatici, i tipici cartelli colorati godardiani, le virature in rosso e blu (come negli anni '20) -, la sgangheratezza del b-movie parodico, à la 007, con il tipico "je t'aime" finale durante la fuga finale da Alphaville (come in Blade runner).

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