Ed ecccoci ad Hiroshima, mon amour (Francia-Giappone 1959) di Alain Resnais, rivisto al Lumière ieri sera dopo ormai 4 o 5 anni (e fanno 3 volte, anche se la prima l'ho mezza dormita). Ogni volta questo film mi colpisce ed emoziona in modo differente: ieri ho notato l'affinità con il finale dell'Eclisse di Antonioni per quanto riguarda le riprese di Hiroshima, sempre semantiche ed evocative, non solo nella sezione documentaristica iniziale, ma anche e soprattutto nella parte centrale-terminale. (La recitazione antinaturalista e teatrale dei protagonisti, specie quella femminile, mi ha ricordato invece Isabelle Huppert in Psychosis 4.48 di Sara Kane visto anni fa al Piccolo.)
Mi chiedi: "non è difficile per un uomo comprendere il film e seguire i pensieri della protagonista?" Certo che sì, è molto difficile, anche perché la sceneggiatura della Duras è un piccolo capolavoro di densità, è estremamente evocativa e polisemantica, per cui non credo di aver afferrato tutto neppure stavolta. I sentimenti della protagonista, la sua follia d'amore (il graffiarsi le mani in cantina, il sangue, il grido), il suo terrore dell'inevitabile oblio della persona amata, il suo sovrapporre l'amore del passato con quello presente (la mano dei due che si sovrappongono nella dissolvenza incrociata) mi suscitano ogni volta sensazioni, pensieri ed emozioni sicuramente diverse dalle tue, che sento però complementari e profonde. Si tratta, in un certo senso, di umiltà: mi metto ad ascoltare e provo a capire con pazienza, ce la metto tutta, forse non ci arriverò e dovrai portarmi per mano fin là.
Resta su tutto la ricchezzaa e la potenza delle parole e delle immagini, l'emozione (fredda, anzi glaciale) della sovrapposizione di due amori diversi ed entrambi perduti, di piani di lettura molteplici, dalla pura contingenza amorosa dei protagonisti all'allegoria (la protagonista francese che impersona i vincitori della guerra si innamora perdutamente prima di un tedesco e poi di un giapponese, entrambi annientati dalla Storia; inoltre il fatto che Hiroshima e Névers, come si chiamano alla fine i due protagonisti, non si incontreranno mai più nella loro vita, a meno di una nuova guerra e i continui riferimenti all'oblio possono essere letti anche così, oltre che sul piano letterale).
Resta, anche questa volta, la fatica della visione, la sala religiosamente silenziosa, il problema della memoria che svanisce, il tempo che cancella e che ritorna diverso e uguale, l'uomo e la sua follia (bellica e amorosa), il dolore, la passione, l'amore.
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